Agli inizi del Novecento ancora molti dei dismorfismi della colonna vertebrale venivano trattati, nella maggior parte dei casi, o con l’utilizzo di un corsetto correttivo o per mezzo del rinforzo muscolare. Françoise Mézières, fisioterapista francese, nasce in Francia nel 1909. Fu la prima in assoluto a stravolgere la metodologia di cura, preferendo alle tecniche di cura tradizionali una terapia basata sull’allungamento muscolare ed introducendo il concetto di “catena muscolare”. Le catene muscolari sono un insieme di muscoli intimamente collegati fra loro attraverso il tessuto connettivo (aponeurosi) che li avvolge e ognuna di loro ha una specifica finalità funzionale (estensione, flessione, ecc).
La Mézières, osservando una paziente con un ipercifosi dorsale, decise di sdraiarla a terra in posizione supina e spingendo le spalle, per correggerne l’anteposizione, notò un accentuarsi della lordosi lombare; facendo poi correggere l’iperlordosi lombare, attraverso la retroversione del bacino, notò che questa si era spostata a livello cervicale. I muscoli posteriori dell’intera colonna si comportavano come un singolo muscolo troppo corto, ne dedusse che: <l’allungamento di un muscolo posteriore, qualunque esso sia, provoca l’accorciamento dell’insieme della muscolatura posteriore […] la lordosi è sempre primaria, la cifosi e la scoliosi sono deformazioni secondarie>. Mézières intuì, inoltre, che il corpo era schiacciato non solo dalla gravità e dalla propria forza peso ma anche dalle ipertonie, dagli stati di tensione e di contrazione, dalle perdite di elasticità delle strutture. Partendo dalla premessa che i paramorfismi e i dismorfismi dipendono dall’accorciamento delle catene muscolari, bisogna capire il maggior numero di deformazioni e di sofferenze articolari che ne risultano e che sono oggetto della terapia. Si dissociò così dal pensiero comune per cui i dismorfismi dovevano essere corretti potenziando il muscolo: <Ciò che conta è allungare nell’allineamento per mezzo di un stretching globale attivo, di tecniche riflesse, di respirazione e con modellamenti manuali> quei muscoli che, per cause molteplici, si stanno accorciando e aggiunge: <Nell’allungamento di questi distretti è di fondamentale importanza correggere tutte le compensazioni, le flessioni e gli slittamenti articolari delle altre parti del corpo che si verificano come conseguenza>.
L’operatore prendendo come riferimento le così dette “belle linee” noterà le deformazioni. Il corpo non sfugge alle leggi dell’armonia dell’universo, “le belle linee” rispettano le proporzioni della sezione aurea, le stesse proporzioni che utilizzavano gli antichi scultori greci. Nel rispetto di queste linee, nella visione frontale il filo a piombo passa per il centro delle sopracciglia, dal dorso del naso, scende per le commessure labiali, per il mento, lo sterno, il pube e cade in mezzo ai piedi. Si valuta la simmetria del viso, delle spalle, degli arti superiori, del bacino e degli arti inferiori; si controlla se sono allo stesso livello gli occhi le clavicole, le s.i.a.s. (spine iliache anteriori superiori), si controlla l’allineamento de naso, dell’ombelico e del pube ed infine la presenza di eventuali deformità toraciche. Nella visione dorsale il filo a piombo passa dall’occipite ai processi spinosi, continua per la cresta sacrale e finisce in mezzo ai piedi. Si controlla la posizione delle orecchie, delle spalle, delle scapole, delle pieghe ascellari, delle creste iliache e delle s.i.p.s. (spine iliache posteriori superiori); si valuta l’eventuale presenza di atteggiamenti scoliotici o di scapole alate e la presenza di varismo o valgismo delle ginocchia. Nella visione laterale il filo a piombo passa dal trago, alla cresta iliaca per proseguire davanti al perone e davanti al malleolo esterno. Si controlla l’atteggiamento del capo, del bacino e delle ginocchia.
Secondo la terapista le retrazioni muscolari, da cui poi si generano le deformazioni, colpiscono principalmente i muscoli posteriori del tronco e degli arti inferiori, i rotatori interni delle anche e il muscolo diaframmatico. Il reclutamento dei muscoli posteriori avviene perché il corpo sceglie di mettersi in squilibrio anteriore. Se si adottasse l’equilibrio perfetto del filo a piombo si avrebbero costantemente i centri dell’equilibrio all’erta a causa di molteplici informazioni e si arriverebbe alla saturazione della memoria centrale. Lo squilibrio anteriore viene gestito più facilmente poiché gli occhi e i piedi si dirigono in avanti; la persona si vede obbligata, perciò, a spostare il suo centro di gravità in avanti per trovare una soluzione comoda, partendo da una base di sostegno larga formata dai piedi. Così facendo le tensioni statiche si concentrano verso la parte posteriore del tronco, i quali accorciandosi, tendono a dare al corpo una curva all’indietro, ovvero ad instaurare una lordosi, essendo la concavità dell’arco rivolta posteriormente. Il reclutamento degli intrarotatori avviene perché questi muscoli sono solidali con i muscoli posteriori. Il blocco diaframmatico avviene a causa dei pilastri, questi difatti inserendosi da D12 a L4 ed essendo collegati al muscolo ileopsoas (D12-L4 – piccolo trocantere), lordosizzano il tratto lombare: i pilastri dislocando le prime vertebre lombari in avanti e in alto e lo psoas iliaco agendo in avanti e in basso sulle ultime lombari e sul bacino. Secondo la Mézières la tensione di questo complesso di muscoli determina, al livello della colonna vertebrale, l’esagerazione delle curve sagittali creando così quattro possibili adattamenti della lombare: riduzione della curva lombare con piccola lordosi dorsale; spostamento dell’apice della curva lombare in avanti che modifica la colonna dorsale bassa; lordosi lombare estesa; iperlordosi lombare. Gli adattamenti e le deformazioni che si verificano a livello della lombare possono creare delle algie in situ. È qui che Mézières introduce il concetto di riflesso antalgico a priori: non bisogna ricercare le cause del dolore dove il dolore si manifesta (in questo caso sul tratto lombare) perché le algie non sono solo altro che la fine di un processo cominciato altrove; bisogna eliminare a priori le possibili cause del dolore lavorando sull’allungamento dei muscoli (catena cinetica posteriore, diaframma, rotatori interni) ed evitare che il corpo, per sfuggire dal dolore, generi altri riflessi antalgici (a posteriori), i quali possono rendere ancora più complicata la risoluzione della patologia lombare.
La Mézières utilizzava principalmente tre tipi di postura, chiamate appunto le tre squadre di
Mézières. Il fine delle tre squadre è lo stesso: allungare la catena cinetica posteriore nella sua intera lunghezza (dalla pianta dei piedi ai muscoli frontali) per un tempo di trenta minuti circa, correggendo attivamente o manualmente, grazie all’aiuto di un operatore, tutti i possibili compensi che il corpo attua spontaneamente in difesa della sensazione di allungamento. Delle tre posture descriverò e analizzerò la terza squadra, che personalmente reputo essere la più efficace nel trattamento della lombalgia. In questa postura il paziente partendo da una posizione eretta flette il tronco in avanti cercando di poggiare il palmo delle mani al suolo e mantenendo i talloni ben saldi al pavimento (fig. 1). La tensione che si genera su tutta la muscolatura posteriore costringerà il paziente a continui adattamenti e compensazioni. Si potranno notare: sull’articolazione tibio-tarsica un blocco in flessione; a livello del ginocchio potrebbe verificarsi un recurvatum (iperestensione) o un flexum (flessione), indicativo di accorciamento del tricipite della sura e degli ischiocrurali; le anche tenderanno ad intraruotare per il reclutamento degli intrarotatori d’anca (il tensore della fascia lata su tutti); il bacino avrà difficoltà ad ruotare in antiversione, si avrà così un sacro verticalizzato con possibile inversione di curva lombare. A livello del tronco, il muscolo gran dorsale (facente parte anch’esso dei muscoli posteriori), messo in tensione, metterà in evidenza possibili scoliosi e deformazioni del tratto toracico, come gibbosità o verticalizzazioni (fig. 2). La testa tenderà a estendersi all’indietro come fosse “tirata per i capelli”. Le deformazioni che si generano, dalla messa in tensione, saranno le cause meccaniche della lombalgia. L’operatore dovrà rendersi conto di ogni accorciamento e di ogni compensazione ed aiutandosi con tecniche di allungamento (passivo, attivo, pnf, ecc.) e lavori manuali (massaggio, digitopressione) dovrà riallineare il corpo, ridare lunghezza e mobilità alle strutture ipomobili, per cercare di ridurre lo stress meccanico sul tratto lombare, evitando di rievocare algie sulla zona oggetto del trattamento.
- G.Denis-Struyf – Il manuale del giovane mezierista vol.1 (1996)
- Ibidem
- Ibidem
- Prof. Maurizio Ripani – Appunti lezione di posturologia e traumatologia (2019)
- Cfr. L. Bousquet – Le catene muscolari vol.2 (2001)
- Cfr. G. Denis-Struyf – Il manuale del giovane mezierista vol.1 (1996)
- Ibidem
- Ibidem