Introduzione
Tutti noi almeno una volta abbiamo sofferto di quei terribili mal di testa, spesso invalidanti, che partono dalla base del cranio e spesso giungono alle orbite. Stiamo parlando della nevralgia occipitale, chiamata anche Sindrome di Arnold (da non confondere con la Sindrome di Arnold-Chiari), un tipo di cefalea miotensiva generata dall’infiammazione dei nervi occipitali (piccolo, grande e terzo), nervi prevalentemente sensitivi che hanno origine a livello della seconda e terza vertebra cervicale (C2 e C3) e decorrono posteriormente e lateralmente alla nuca.
Analisi posturale
Analizzando posturalmente i soggetti che maggiormente soffrono di questo tipo di cefalea si può notare sovente un atteggiamento del capo anteriorizzato sul piano sagittale. Questo spostamento in avanti è causato da un tono eccessivo (contrattura) dei muscoli anteriori del collo e del tronco facenti parti della catena muscolare flessoria e crociata. Tra i muscoli principali troviamo in senso ventro-caudale: gli scaleni, gli sternocleidomastoidei, i grandi e i piccoli pettorali, il diaframma, gli ileo-psoas. L’accorciamento di questo complesso di muscoli costringe i muscoli posteriori del collo e della testa, quali il trapezio superficialmente e i muscoli più profondi (tra cui i muscoli occipitali prima citati) ad attivarsi per opporsi alla “caduta in avanti” della testa e per assicurare il mantenimento orizzontale dello sguardo. Queste condizioni biomeccaniche generano compressioni sui nervi occipitali causandone la loro infiammazione.
Poiché le informazioni dolorifiche dei nervi viaggiano attraverso i gangli sensoriali delle radici nervose per poi entrare nel midollo spinale all’altezza della parte superiore del collo, esse vengono elaborate nella stessa area coinvolta nella sensazione del viso e del resto della testa, il cosiddetto complesso trigemino-cervicale. Queste intricate connessioni spiegano la frequente sovrapposizione del dolore occipitale con nevralgie che si irradiano nella fronte o nella faccia e nei casi più severi con difficoltà visive e nausea.
È importante essere consapevoli, al fine della prevenzione, che l’anteriorizzazione della testa è un processo che avviene per gradi e nel tempo. Ciò significa che inizialmente la cervicale si verticalizza (perde la sua fisiologica curva lordotica) e solo successivamente si crea un’inversione di curva con formazione del cosiddetto “gibbo di bisonte” cervicale. Una struttura così mal messa e fuori asse è tendente a degenerazione articolare come artrosi, osteofitosi, ernie, e più a rischio di sviluppare processi infiammatori di varia natura che coinvolgono altresì le radici nervose cervicali inferiori.
Soggetti con tale postura sono, inoltre, più propensi a sviluppare cefalee mio-tensive negli stati di malessere generale o di tossicità organica causata, ad esempio, da farmaci o da un accumulo di scorie per cattiva alimentazione o, nelle donne, in determinati periodi del ciclo mestruale, quando il fegato viene impegnato maggiormente nel catabolismo degli ormoni circolanti: lo stato di sofferenza (crampi mestruali, disturbi intestinali, ecc.) accentua l’atteggiamento in chiusura nel senso di “piegarsi dal dolore” e ciò può sommarsi all’aumento delle tossine endogene con alterazione ormonale e neuromodulatoria favorendo l’ insorgenza della cefalea.
Anche soggetti con una cervicale che conserva una buona curva lordotica possono soffrire di questa sintomatologia dopo tempo trascorso davanti al pc con lo sguardo rivolto verso il basso o durante lo studio o nell’esecuzione di lavori in cui si mantiene per ore la testa chinata in avanti.
Trattamento posturale
Per mezzo di posizioni mantenute diversi minuti, opposte e contrastanti l’accorciamento delle catene muscolari coinvolte, la posturale riesce ad alleggerire il sovraccarico cervicale e, nel tempo, a ricreare le condizioni biomeccaniche più corrette. Il focus, in questo specifico caso, sarà sull’allungamento della catena di flessione e delle catene crociate e, allo stesso tempo sul potenziamento/rieducazione dei muscoli estensori della testa e del tronco con il fine di ricreare la fisiologica curva lordotica cervicale. È inoltre di fondamentale importanza educare il paziente a rispettare delle posizioni consone in ambiente lavorativo o di studio.
In queste due foto, scattate nel mio studio a Roma, si osservano un esercizio di rinforzo della catena di estensione e una postura di allungamento della catena di flessione.